Paradiso
Il profilo severo di Dante in Carnia si trova ad Ampezzo, raffigurato insieme ai grandi italiani dal pittore Giovanni Moro ispirato dal Raffaello.
I Canti
Cant0 I
Il punto dell’orizzonte che s’interseca collo zodiaco,coll’equatore e col coluro equinoziale ha già determinato la mattina nell’emisfero del Purgatorio e la sera nel nostro emisfero; allorché Dante, di ritorno dal fiume Eunoè, vede Beatrice fissar gli occhi, com’aquila, nel sole. Leggi tutto
Anche il poeta, come raggio riflesso segue a raggio diretto, guarda nel sole; e riesce, resistendo, per la specifica virtù del luogo, all’abbagliamento, a discernere che l’astro sfavilla d’intorno come un ferro rovente. Tutto assorto nella contemplazione della sua Beatrice, egli si sente fuori dai confini dell’umano; e solo lo distoglie dalla visione la celeste armonia delle sfere largamente fiammeggianti nel sole. Il suono del tutto inusitato e la luce ineffabile suscitano nel poeta il desiderio di conoscere le ignote radici di quei fenomeni, tanto più ch’egli non si è accorto della sua velocissima ascensione; e Beatrice, che gli legge nell’anima, lo richiama a pensare’ch’egli è salito colla rapidità del lampo alla sfera del ,fuoco. Ma questa spiegazione acquieta un dubbio per suscitarne subito un altro; Dante non sa rendersi conto della legge per cui egli possa trascendere col suo corpo pesante le regioni leggere dell’aria, dell’etere e del fuoco; e la donna sua, suffuso il volto di un’espressione di pia benevolenza, gli espone quarta dottrina: “L’ordine, delle cose e l’essenza formale dell’universo simile a Dio. Tutte le nature, più o meno vicine al loro principio, si muovono, inclinate a questa legge d’ordine, .attraverso al gran mar dell’essere guidate da peculiari istinti: né solo le nature brute, ma anche quelle dotate d’intelletto e di volontà; gli angeli e gli uomini. Per, come spesso accade che alla concezione dell’ artista non risponda la materia mal disposta, cosi anche. la creatura può dipartirsi dal corso dell’istinto, deviando colla libertà verso .l’errore. Tu ora’.ti sei purgato d’ogni colpa; e il tuo salire verso il cielo è un fenomeno altrettanto naturale “quanto’ lo scendere di un ‘ruscello dal monte giù nella valle. Sarebbe anzi una vera stranezza se ora che, libero da ogni pastoia, non puoi più deviare dall’istinto, tu fossi rimasto attaccato alla terra, come se la , viva fiamma, volta per sua natura a salire, si giacesse ferma al suolo.”
Ciò detto, Beatrice volge gli occhi dal poeta al Cielo.
Cant0 III
Dante, pienamente persuaso dalle confutazioni e dalle dimostrazioni di Beatrice, sta per confessare il suo soddisfacimento; ma intanto gli occorre una visione che accattiva tutta la sua mente. Leggi tutto
Gli ,spiriti votivi mancanti gli appariscono come ombre tenui a foggia d’imagini riflesse in vetri trasparenti o in nitide acque. Dante scambia queste ombre reali per imagini vane, e occorre, per toglierlo dall’errore, che Beatrice lo avverta ch’egli ha a che fare con vere sostanze. Egli allora si volge a una di quelle anime, chiedendole il nome suo e la condizione sua e delle sue compagne. E l’anima che non può negare nella sua carità infinita il soddisfacimento di giusta indagine, si dà .a conoscere per Piccarda Donati, che fu vergine suora nel mondo; e rivela che agli spiriti votivj mancanti è stato assegnato il cielo della Luna, il più lento nel suo moto intorno alla terra. Dante crede di sentire in queste parole come una nostalgia di una sede più alta nel Paradiso; e domanda allo spirito se questo desiderio provenga da voler vedere di più o dal voler più farsi amici. E Piccarda sorridendo lo toglie dall’errore rispondendogli che i desideri delle anime beate e le sorti a loro assegnate non possono mai essere discordi dalla suprema volontà di Dio. Cosl il poeta intende una volta per sempre che ogni dove in cielo è Paradiso , per quanto la grazia di Dio si sia variamente distribuita. Soddisfatto in uno dei desideri, il poeta è curioso ora di avere da Piccarda notizie sul voto ch’ella non aveva adempito. E lo spirito racconta che ancor giovinetta si era ritirata dal mondo per seguire la regola del monastero di Santa Chiara. Uomini di mala vita la rapirono dal chiostro; e Dio solo sa com’ella abbia potuto vivere dopo la violenza patita. Ciò detto, Piccarda addita al poeta la luce di Costanza imperatrice, moglie di Enrico VI e madre di Federico II. Anche questa donna soave ebbe una storia simile a quella dell’ombra che parla; forzata esteriormente nel suo voto di castità, conserv ò sempre nel cuore il velo monacale. Piccarda. si dilegua intonando dolcemente l’Ave Maria; e Dante la segue quanto può cogli occhi, poi si volge a Beatrice che tutto lo abbaglia col suo splendore.
Cant0 IV
Dante è tormentato da due dubbi e senza ch’egli li esponga, Beatrice ne penetra il segreto. Il primo dubbio è sulla benemerenza scemata dalla forzata inadempienza del voto; Leggi tutto
il secondo è sulla sentenza platonica del ritorno delle anime alle stelle. Beatrice comincia col risolvere il secondo dubb’io ch’ è il più pericoloso. “Tutte le più elette creature angeliche, hanno le loro sedi in quel lo stesso cielo, in cui sono testè apparsi gli spiriti votivi della Luna, e tutti sono eterni e tutti si trovano nell’empireo; soltanto, tutte le anime si fanno parventi di cielo in cielo; e gli spiriti votivi mancanti sono apparsi nel cielo più basso per significare il grado inferiore di beatitudine celeste. Questo artificio è necessario per la natura umana che percepisce sempre coi sensi prima di percepire coll’intelletto. Ed è perciò che la Scrittura presta spesso forme corporee all’idea pura e all’ente metafisico. Platone invece esprimendo nel “Timeo” Ia sopraddetta opinione pare che usi le parole nel significato non già allegorico ma letterale. Che se invece il tornare dell’anima alle stelle deve avere nello stesso Platone un senso traslato, se ciò il filosofo intende che alle stelle devano riferirsi gli influssi buoni o cattivi degli animi, allora forse egli ha qualche ragione. Ma il- suo principio inteso in senso rigorosamente letterale, è stato causa di gravi. errori. Risolto così il secondo dubbio, Beatrice vuole ,sgombrare ,dall’anima. di Dante anche il. primo ch’ è meno pericoloso. “Se la libera volontà non si contrappone interamente alla violenta che la coarta, ella non può trovare piena scusa. Così queste anime hanno in certo .modo secondato la forza ; poiché avrebbero potuto ritornare subito al Monastero. Ma una volontà salda, come quella che ha tenuto San’ Lorenzo sulla grada o Muzio Scevola nell’alto di abbruciare la mano, è troppo rara.” Però Beatrice s’avvede che risolvendo questo dubbio in Dante ella gliene ha suscitato un, altro; inquantoché le parole sue sono in contraddizione con quelle di Piccarda ch’ è pure uno spirito informato all’eterna verità. Piccarda ha affermato che Costanza ha conservato nel cuore il velo. del voto monacale; e ora Beatrice ha sostenuto che la. volontà si è piegata alla violenza. A risolvere l’apparente dissidio Beatrice adduce la distinzione scolastica fra volontà assoluta e volontà relativa-: ella ha parlato, riferendosi alla -seconda, e Piccarda invece si è riferita alla prima; ed entrambe hanno detto la verità. Dante scioglie un inno alla sapienza teologica di Beatrice che gli ha acquietato lo spirito. Egli vede che la Verità suprema è raggiungibile; ma che dal desiderio del vero scaturisce il dubbio; e che solo per il tramite dei dubbi si può arrivare alla verità. E di qui trae ardimento a manifestare un altro dubbio: se cioè in cielo si ammetta la commutazione del voto. Beatrice l’avvolge d’amoroso sguardo e Dante vien meno.
Cant0 v
Beatrice spiega a Dante che quel suo splendore che lo abbaglia non è altro se non un effetto di letizia celeste e di carità: tanto più intenso, quanto più si fa accorta che a questa eterna luce s’informano tutti gli accorgimenti degli umani; poi gli risponde riguardo alla natura del voto.Leggi tutto
“ll dono più grande, più conforme alla bontà divina, più apprezzato da Dio stesso, è il libero arbitrio, dato alle creature intelligenti. Ora il voto, che da. questo arbitrio procede, e che si palesa per un atto dell’ arbitrio stesso, quando Dio assente al patto, virtualmente non potrebbe trovare compenso alcuno : tanto prezioso è il tesoro che mediante il voto, si offre in olocausto. Però, siccome in pratica la Chiesa concede la dispensa dai voti, è necessario qualche altro chiarimento per risolvere l’apparente contraddizione. A questo voto, che si risolve nel sacrificio dell’arbitrio, appartengono due elementi: la materia e la relazione di convenzione con Dio. Questo secondo elemento è incancellabile, come già prima si è affermato: ed ecco perché presso gli Ebrei l’offerta era necessaria, quantunque fosse in certi casi lecita la permutazione. Il primo elemento, cioé la materia, è convertibile, ma non secondo il capriccioso criterio di chi ha contratto il voto, sibbene secondo l’autorità della Chiesa; e la nuova materia deve sempre essere più conspicua dell’antica. “Di qui la grande importanza che gli uomini dovrebbero annettere al voto e le cautele di cui dovrebbero circondare questo atto, per non trovarsi nel caso di Iepte e di Agamennone che meglio avrebbero fatto a confessare il loro torto non adempiendo un voto il quale vincolava l’arbitrio altrui, anziché suscitare mali cosi gravi per adempierlo.” Di qui Beatrice trae argomento per raccomandare grande cautela ai Cristiani in tanto delicato remeggio dello spirito. Dante vorrebbe enunciare nuovi dubbi; ma la transfigurazione di Beatrice lo induce al silenzio. Essi sono saliti con ‘fulminea rapidità al secondo cielo; Beatrice ha accresciuto la sua letizia e il suo fulgore; e per questo benefico influsso i è fatto pi ù lucente il cielo stesso, e si transfigura lo stesso Dante. Le varie luci si appressano ai due mistici viandanti ; e il poeta arde dal desiderio di aver notizia delle condizioni di quelle anime. Invitato da uno di quegli spiriti, e, incuorato da Beatrice, Dante espone la sua curiosità ; e lo -spirito, fatto più lucente e più lieto, tutto chiuso entro al suo raggio, imprende a parlare.
Cant0 VI
“L’aquila imperiale, – comincia lo spirito interpellato, dopo il trasporto della sede imperiale in oriente, qui si trattenne più di due secoli e di mano In mano giunse fino a me. Io sono Giustiniano, cui Dio ispirò la riforma e il riordinamento delle leggi. Leggi tutto
… a far vendetta eone “E nei tempi più scuri e più funesti per la Chiesa esposta agli strazi dei Longobardi, fu ancora l’aquila imperiate che per mano di Carlo Magno soccorse la buona causa cristiana. Che dire dunque di coloro, partigiani e avversari, che vituperano un Segno così santo, così eletto? I secondi vi oppongono i gigli d’oro di Francia, e i primi se ne impadroniscono per mene faziose. Ma gli uni e gli altri badino a ciò che fanno; e soprattutto Carlo Il, capo dei Guelfi, pensi che spesso le colpe dei padri ricadono su figli e oon s’illuda di soppiantare coi suoi gigli l’arma divina dell’impero.” Quindi Giustiniano spiega a Dante che nel cielo di Mercurio stanno gli spiriti attivi, posti in un grado di gloria piuttosto basso perchè i raggi del loro amore si sono innalzati. più deboli verso la divinit à, ma pur sempre soddisfatti e lieti della loro sede. Infine addita al poeta la luce di Romeo, la cui opera fu mal compresa nel mondo. Umile e peregrino, egli riuscì cosl bene a riordinare gli affari di Raimondo Berlingheri da accasargli le figliuole con quattro maritaggi regali; ma per le male voci degli invidioi gli fu chiesto conto della amministrazione; ed egli trasse, povero e vecchio, in esiglio, cospargeudo la sua esistenza ool tenue profumo d’ignorate virtù .
Mi sono convertito alla fede per merito di Agapito, e ciò che allora era argomento di sola fede per me, è ora qui in Paradiso argomento di ragione. Tutto rivolto alla grande opera riordinatrice, affidai le armi a Belisario, che tanto. prosperarono sotto questa guida, ch’io ne trassi auspicio di riposo e di pace. Avrei finito di dar conto di me, se non credessi necessario diffondermi non poco sulla storia di questo regno imperiale, di cui oggi fanno tanto strazio e gli avversari e i sostenitori. L’alta virtù dell’aquila incominciò dal tempo in cui Pallante morì per la buona causa d’Enea, che di quel segno fu il fondatore. Dopo il periodo albano e dopo la pugna degli Orazi e dei Curiazi, esso fece prodigi nel periodo dei sette re; e tenne poi alto il nome romano contro Brenno, contro Pirro e gli altri stati, nelle eroiche età di Torquato, di Cincinnato, dei Deci e dei Fabii. Dopo le grandi geste contro i Cartaginesi, e dopo il trionfo di Scipione e di Pompeo, il santo segno fu innalzato a sublimi destini da Cesare, che fondò la vera e propria forma imperiale, a simiglianza della città celeste. A vera epopea il regno assunse con Cesare in tutte le guerre galliche, nella guerra civile, nella spedizione di Spagna, fino in Egitto e nella Troade, e poi nella Mauritania, e di nuovo in Occidente contro i Pompeiani. Nuove e alte imprese sotto la grande aquila tradusse in atto Augusto, come attestano la battaglia di Filippi, la guerra di Modena e di Perugia, la battaglia d’ Azio fatale a Cleopatra. Ma niente arriva all’altezza a cui giunse la gloria del regno imperiale in mano a Tiberio sotto di cui avvenne la redenzione dell’umanità, che placò il disdegno di Dio. E poi nel corso dell’impero, per mano di Tito l’aquila imperiale
Della ,vendetta del peccato antico.
Cant0 XI
Dante, estasiato dal glorioso tripudio dei Cieli, volge un pensiero di compatimento agli’ umani perduti dietro le cose belle e vane. Intanto la ghirlanda delle luci interrompe ancora la danza, e Tomaso d’Aquino riprende ll suo discorso:Leggi tutto
“Guardando nella Luce Eterna io ben discerno la radice dei tuoi dubbi. Tu non sai renderti conto di due affermazioni da me fatte dianzi. Io ti ho detto . di appartenere a un ordine, “in. cui bene si avanza se non si corre dietro a vani fantasmi”, poscia, parlando della quinta luce. di questa ghirlanda, ho affermato cb’essa avanzò ogri creatura per il sapere, cosicché e a veder tanto non surse il secondo”. Comincerò a darti qualche chiarimento sulla prima: questione. -“La Provvidenza divina affinché la Chiesa si raccogliesse con balda sicurezza intorno al suo celeste Sposo, ordinò in suo favore due condottieri. L’uno di questi eguagliò nell’ardore i Serafini; l’altro per dottrina potè esser messo a pari delle cherubiche creature. Baster . chr e io parli di u.no solo di essi, poich le lodi dell’unp suonano a merito anche dell’altro, in quanto il fine fu il medesimo in entrambi. Tra il fiumicello di Tupino e . quello del Chiascio nacque al mondo un vero sole ; onde il paese d’Assisi che tra quei due fiumi è posto, meglio meriterebbe il nome d’Oriente. Ancora giovinetto, si mise in guerra col padre per amore di una donna, da tutti sfuggita. Egli la sposò al cospetto della curia vescovile; e le si avvinse d’amore sempre più gagliardo. Vedovata del suo primo sposo; ella era rimasta per-secoli in oblio e in disdegno, ad onta di contrarie leggende; la sua costanza, così nobile ed eletta da disgradar la stessa Vergine Maria nell’assistenza al Cristo in sulla Croce, era, rimasta sconosciula. Tu hai già capito che io parlo della Povertà e di Francesco. Dietro a queste nozze sublimi, si scalzano, seguendo il Maestro nei voti di povertà, Bernardo, Egidio, Silvestro e altri … E Francesco, sereno nella sua umiltà, incurante dello spregio del volgo, chiede e impetra da lnocenzo la prima approvazione papale. Più tardi riceve nuova sanzione da Onorio. Fallita la sua missione tra i Saraceni, ritorna ai suoi fedeli ; sul monte Pernice riceve dal Cristo , stesso, com e ultimo sigillo, le Stimate, per due anni portate. Sentendosi presso a morte, raccomanda ai suoi frati, la sua sposa diletta, e comanda che la seguano con fede e con amore. “Da queste lodi di Francesco puoi argomentare i meriti del suo collega Domenico. Fu questi il nostro patriarca ; e puoi capire come l’ordine domenicano si informi a eletti principi. Purtroppo il suo ‘gregge ora si sbanda dietro vani fantasmi, perdendo sempre più il suo alimento vitale. Pochissimi non tralignano, ligi alla regola del fondatore. E ora non ti saranno più oscure le mie parole che hanno in te suscitato il primo
dei dubbi suaccennati.”
Estratti da Eugenio Levi, La Divina Commedia esposta al popolo, Sonzogno
Il luogo
Dopo una breve visita alla Chiesa della Beata Vergine del Rosario di Ampezzo, in cui faremo l’incontro con la raffigurazione carnica di Dante, ci sposteremo per le letture nella graziosa piazzetta antistante la Biblioteca, proprio accanto al sagrato.
Informazioni pratiche:
Il luogo di incontro sarà il sagrato della Chiesa in centro al paese, per la lettura ci recheremo nell’adiacente piazzetta antistante la biblioteca.
In caso di maltempo l’evento si terrà all’interno della Biblioteca, in tal caso sarà necessario il Green Pass.
Ci troveremo al punto di ritrovo intorno alle 16.50.
Come arrivare:
Ampezzo si raggiunge facilmente: da Udine con autostrada A23: si esce a Carnia per poi prendere la SS52 in direzione Tolmezzo – Villa Santina-passo della Mauria. Ampezzo si trova a circa 20 km da Tolmezzo.
Plus code:
CQ8V+PP Ampezzo, Provincia di Udine
Nelle vicinanze:
Ampezzo offre numerose escursioni per tutti i gusti e capacità, oltre ad un centro sportivo dotato di Bike Park di recente inaugurazione. Di fronte alla Chiesa è presente l’ottimo Museo Geologico e la Pinacoteca Davanzo. Nei dintorni segnaliamo le frazioni di Oltris e Voltois, veri gioielli in cui si è conservata l’architettura tradizionale carnica.
Per chi volesse cimentarsi in un’uscita più impegnativa, al passo Pura si dipartono numerosi sentieri fra i quali il famoso Tiziana Weiss che raggiunge la vetta del Tinisa a più di 2000 metri.